CONFETTURE E MIELE

CONFETTURE E MIELE Il miele rappresenta il dolcificante più antico utilizzato dall’umanità ed ha rappresentato per lungo tempo un’integrazione al reddito per molte aziende e famiglie.  Per questo l’apicoltura ha rappresentato e rappresenta un’attività molto diffusa nel territorio regionale che ha portato alla definizione di un’apicoltura moderna basata sull’introduzione e diffusione di alveari razionali a telai mobili e di tecniche innovative di raccolta.
La provincia di Forlì-Cesena è una grande produttrice di miele, proveniente principalmente  dall’area collinare ricca di prati e coltivazioni arboree dalle molteplici fioriture (acacia, castagno, pruno selvatico), ma significativa anche nelle aree di pianura per la coltivazione di erba medica e girasoli.
I principali mieli della Provincia sono il Millefiori, che rappresenta il maggior quantitativo di produzione;  il miele d’Acacia dal colore chiaro e gusto delicato; quello di Tiglio dal colore un po’ più scuro, caratterizzato da un odore leggermente mentolato; il miele di Erba medica dal colore chiaro ed ambrato che tende a cristallizzare; il miele di Girasole di un bel giallo dorato e dal gusto delicatissimo; il miele di castagno dal color ambra scuro, liquido con un retrogusto amarognolo e infine il miele di Melata d’Abete, molto scuro, con un gusto resinato, di zucchero caramellato e sentori balsamici.

Le marmellate nascono con l’intento mantenere la frutta raccolta nei periodi di abbondanza e di conservarla nel tempo per poterla consumare in periodi in cui è assente o molto scarsa: infatti la parola “confettura” deriva dal verbo “confettare” usato per indicare la preparazione di alimenti destinati alla conservazione.
L’origine delle marmellate pare sia molto antica: già i greci erano soliti cuocere a lungo le mele cotogne con il miele per poterle conservare più a lungo mentre al tempo dei romani si producevano “marmellate” mescolando frutta di diverso genere con vino, mosto o miele. Come conservante veniva utilizzato il miele o il mosto poiché lo zucchero verrà introdotto in Europa solo nel periodo delle Crociate.
Già nel Medioevo il processo di produzione era uguale a quello dei nostri e con il passare del tempo, dopo la scoperta dell’America e l’introduzione della coltura della Canna da zucchero, si diffuse in tutta Europa.
Se nel linguaggio comune non esiste differenza tra “marmellata” e “confettura”, in realtà una direttiva europea ne chiarisce bene le diverse caratteristiche: la marmellata è un prodotto a base di agrumi (almeno il 20% di frutta); la confettura, invece, è un composto realizzato con un qualsiasi altro tipo di frutta, (almeno 35% nel composto normale e del 45% nella confettura extra). La gelatina, invece, è un composto realizzato utilizzando esclusivamente il succo della frutta senza la buccia o la polpa.
Anche in Romagna le famiglie utilizzavano quindi questo procedimento per rendere disponibile tutto l’anno dei prodotti deperibili e quindi integrare di vitamine e zuccheri una dieta che nei mesi invernali, sarebbe risultata molto povera.
Oramai si producono confetture e marmellate di tutti i gusti, ma nella tradizione romagnola spiccano due prodotti in particolare: la Saba e il Savor.
 
La Saba (Sapa) è uno sciroppo zuccherino vinoso, ricavato dal mosto di uva bianca o nera che viene filtrato. Una volta posto sul fuoco viene fatto bollire lentamente, schiumandolo periodicamente fino a raggiungere la giusta consistenza, cioè fino ad una riduzione di oltre due terzi rispetto al volume iniziale. Il liquido così ottenuto sarà denso, sciropposo e scuro, di gradevole gusto e aroma. La Saba viene impiegata come condimento sia di dolci quali il Migliaccio e il “Savor” che di portate salate (cappellacci di castagne, fagioli o ceci lessati, verdure cotte o crude). La si può abbinare felicemente a formaggi, polenta ai ferri, frutta cotta o castagne lessate.
La Saba viene anche utilizzata per i Sabadoni, ravioli dolci con ripieno di castagne, fagioli e saba, che possono essere cotti in acqua bollente oppure al forno, e ricoperti di saba. Tra i dolci del periodo della vendemmia vi è anche i Sugali, un dolce al cucchiaio fatto con farina, zucchero e mosto fresco.
La Saba può vantare antichissime origini, era infatti usata già dai Romani in sostituzione del miele, sia per addolcire il loro vino, sia per conferire maggior gusto e sapore ai cibi. Plinio narra che quando l'imperatore Augusto pranzò a Bologna presso un ricco veterano di Antonio, gli vennero servite pietanze a base di mosto cotto: la Saba, impiegata già allora nella preparazione di molti piatti. La Saba viene anche menzionata da Ludovico Ariosto nella Satira III scritta nel 1518. In essa l'autore di Reggio Emilia, rivolgendosi al cugino parla del suo nuovo lavoro, rifiuta la carriera ecclesiastica e difende la propria dignità. In particolare, lamentandosi delle sue precarie condizioni economiche scrive: "In casa mia mi sa meglio una rapa ch'io cuocca, e cotta su 'n stecco m'inforco e mondo, e spargo poi d'aceto e sapa". L'illustre gastronomo di Forlimpopoli Pellegrino Artusi la volle inserire nel suo famoso libro "La scienza in cucina e l'arte di mangiar bene", dato alle stampe per la prima volta nel 1891, indicandola come "sciroppo d'uva (che) può servire in cucina a diversi usi poiché ha un gusto speciale che si addice in alcuni piatti" uno spazio alla Sapa nel capitolo degli sciroppi.
 
Il Savor (Savour) è un prodotto che, nel dopoguerra, con l'avvento della produzione industriale, si è rischiato di perdere. Da diversi anni si cerca di valorizzarlo. perché unico ed ineguagliabile. Il suo stesso
nome conferma il sapore intenso e particolare.
È una sorta di marmellata energetica e saporitissima di molti frutti diversi, amalgamati al mosto, preparata con una lunga cottura. Rigorosamente fatta in casa, è legata ad antiche usanze rurali, infatti viene preparata nel periodo appena successivo alla vendemmia.
Solo una scelta degli ingredienti minuziosa e varia, garantisce un Savor ricco e saporito. Gli ingredienti base sono mele e pere cotogne, noci, nocciole e mandorle, bucce di melone e limone, frutta secca, candita, e uva passa. Ingrediente indispensabile è anche la Saba o mosto concentrato, a lungo cotto e ristretto.
Il mosto fiore deriva da uva selezionata nera o bianca, ben matura, che viene opportunamente filtrato e cotto prima che inizi la fermentazione. Occorrono 5 litri di mosto da mettere in pentola, oppure nel classico paiolo di rame, sul fuoco vivo; appena inizia il bollore si abbassa la fiamma e si schiuma con la ramina. A metà cottura del mosto, dopo circa 4 ore, ridotto a metà, si aggiungono tutti gli ingredienti a disposizione, opportunamente predisposti e miscelati, per un'ulteriore cottura di 5-6 ore, sempre a fuoco basso.
Il Savor si può usare come marmellata, sul pane, sulle crostate o sulle cantarelle di carnevale, insostituibile per accompagnare il formaggio di fossa, si abbina molto bene con l'Albana di Romagna passito.

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